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Psicologia Alchemica

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Psicologia Alchemica

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Karma, Materia, redenzione ed evoluzione…

06 giovedì Lug 2017

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Jung, Karma, materia, Opposti, Redenzione

Assunzione vetrata

“Come un orefice prende la materia di un gioiello e con essa foggia un disegno nuovo e più bello, allo stesso modo questo ātman scrollandosi via il corpo e rendendolo insensibile, ne foggia una forma nuova e più bella, quella di uno dei padri (piṭr) o di un gandharva o di un deva o di Prajāpati o di Brahmā o di altri esseri”  (Bṛhadāraṇyaka Upaniṣad)

Si sente parlare spesso di Karma, Karma familiare e costellazioni varie, ma vi è un destino legato non necessariamente a chi ci ha preceduto ma agli elementi che ci compongono (che tralaltro lo costituiscono comunque) paradossalmente un Karma molto più antico dei nostri stessi avi. Ad esempio quell’insieme di “coordinate” astrali che costellano la nostra nascita o forse anche il concepimento. Non è un tempo longitudinale, quello di chi ci ha preceduto ma ciclico e trasversale, ma non per questo meno antico, anzi. A dir il vero esiste già una “scienza” o presunta tale che si occupa di ciò, si chiama astrologia, anche Jung se ne interessò. Ma questo Karma “prenatale” lo troviamo anche nei meandri non solo del tempo trasversale, ma dell’effetto dello stesso con quello longitudinale, se presupponiamo che la materia di cui siamo composti interagisca nel tempo con tutto ciò che la costella (nel caso umano si chiama selezione ed adattamento). Quindi i diversi aspetti biologici che ci costituiscono, che variano nel tempo trasmettendosi per generazioni a generazioni, effetti di queste stesse interazioni “tra la Materia stessa”. Un esempio, in ambito psichico, sono i cosiddetti temperamenti (ha il carattere del Nonno, è irritabile, da quando è nato…) mai riconosciuti dalla scienza ma sempre ipotizzati (quest’ultimi poi essendo ereditari, come sembra, sono inevitabilmente compresi anche nelle vicissitudini dei nostri avi, rafforzando il peso di una eredità biologica e psicologica, tra loro intricati). E’ comunque il Karma dell’uomo e del suo rapporto filiale con Madre Natura, è il peso della Materia e del suo rapporto con tutto ciò che ci circonda, un disegno biologico che comprende dal codice genetico all’influsso degli astri, dall’istinto finanche ai movimenti rotatori del globo terrestre. Di questo “debito” biologico che ci costituisce, l’uomo cosa ne deve fare? L’Alchimia dice di provarlo a riscattarlo, e di trasformare questo piombo “Saturnino” in oro filosofale, dare al nostro Karma “naturale” una direzione migliore, fare della nostra natura quindi una Natura migliore. Pagare il nostro debito biologico affinché possa diventare un credito per le future generazioni….

assunzione

Lo strumento è la conciliazione degli Opposti, il fine la Redenzione della Materia…

“Il mysterium coniunctionis simboleggiato in svariate maniere, ma in particolare come «matrimonio alchemico», si esprime fondamentalmente per mezzo di paradossi, cosicché è la massima contraddizione a garantire la conciliazione degli opposti” (B. Nante, Guida alla lettura del LR, Cap.6)

ass

“Ora, tutte queste immagini mitiche rappresentano un dramma dell’anima umana al di là della nostra coscienza, in cui l’uomo è o colui che dev’esser redento o colui che redime. La prima for­mulazione è cristiana, la seconda alchimistica. Nel primo caso l’uomo attribuisce a sé stesso il bisogno di esser redento, e trasferisce sulla figura divina autonoma l’opera di redenzione, il vero e proprio “opus”; nel secondo caso egli si assume il dovere di com­piere l’“opus” liberatore, attribuendo lo stato di sofferenza, e dun­que il bisogno di redenzione, all’anima mundi imprigionata nella materia (Psicologia e alchimia, cap. 3, L’opera di redenzione. C.G. Jung)

libro rosso

La redenzione assimila la Materia/il Male/il Femminile/l’Inconscio dunque e ne permette l’evoluzione….

“L’alchimista lavora alla imperfezione di questa realtà permettendone la sua rivelazione e realizzandola completa la sua funzione, liberando il Dio la redime, e redimendola la fa risorgere” (estratto da Jung in Mysterium Coniunctionis).

Ed appunto in questo processo di morte e rinascita trova spazio il movimento ed il tempo (essendo appunto un processo), un processo di eternità, fatto di errori, conoscenza, redenzione,  ed evoluzione, la Natura vince sempre la Natura….(C. Ferraro)

Immag.: Particolare vetrata Duomo di Siena con Assunzione della Vergine; Durante Alberti (Sansepolcro, 1556 – Roma, 1613) Assunzione della Vergine; il vertiginoso e mandalico “L’Assunzione della Vergine”, di Correggio, databile al 1524-1530 circa e situato nella cupola sopra l’altare maggiore del Duomo di Parma; immagine del Libro Rosso di Jung

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Kenosis, enantiodromia e luna nuova…tra essere e divenire la congiunzione degli opposti.

29 sabato Apr 2017

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atalanta fugiens, Kenosis, Misterium coniunctionis, Opposti, tzimtzum

IMG_0019

“La luna decresce per poi ricolmare gli elementi, e questo è un gran mistero. Le ha fatto questo dono Colui che a tutti ha donato la grazia. Egli l’annientò perché ricolmasse, perché anch’egli si annientò per colmare ogni cosa: si annientò infatti per discendere fino a noi, e discese fino a noi per ascendere in favore di tutte le cose. Quindi la luna ha proclamato il mistero di Cristo” (Sant’Ambrogio, Exameron, IV. 8, 32)

La Kenosis è una parola greca, che significa letteralmente “svuotamento” o “svuotarsi”, ed è storicamente utilizzata quasi esclusivamente per indicare un concetto legato alle teologie e alle mistiche delle religioni cristiane. Essa corrisponde all’antica parola greca κένωσις, kénōsis, in italiano “kenosi” o “chenosi”, che deriva dal sostantivo κενός, kenós, che significa “vuoto”.
Nella sua Lettera ai Filippesi, Paolo di Tarso scrisse: «Cristo svuotò se stesso (ἐκένωσε, ekénōse)» (Flp 2, 7, Bibbia di Gerusalemme), facendo uso del verbo κενόω, kenóō, che, appunto, significa “svuotare”.

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Jung nel suo “Mysterium Coniunctionis” (p.38 e seguenti)” evidenzia di come la mutevolezza della luna è messa in parallelo con la trasformazione del Cristo, che da figura divina diventa umana, con lo svuotamento della sua divinità (Kenosis) in favore dell’umana sorte (a cui si asserve), e che si compie all’atto della sua Morte in croce. Quindi la Luna (e la Chiesa stessa) riproduce la stessa Kenosis dello sposo attraverso il suo crescersi e spegnersi nel Sole. In particolare Jung osserva che quanto più la Luna si avvicina al Sole tanto più si oscura (in quanto si colloca tra lo stesso e la terra) cosicchè nella congiunzione di luna nuova è totalmente oscurata, quindi la sua luce è totalmente svuotata nel Sole (Cristo). Questa apparente aporia della luna per cui più si avvicina al Sole e più si oscura trova correlazione con la morte dell’uomo esteriore e la crescita di quello interiore, in quanto più l’uomo si approssima al sole più si annienta l’uomo esteriore.

Ma la Kenosi ci parla del Vuoto, o quantomeno della sua necessità, in un ottica di movimento e vita. A dir il vero oltre alla Kenosi esistono altre modalità di realizzare il Vuoto, come ad esempio ritirando la propria presenza dalla Materia, da parte del Dio. Nello Tzimtzum (antica parola ebraica (צמצום) che significa letteralmente “ritrazione” o “contrazione” ed utilizzata originariamente dai cabalisti in riferimento all’idea di una “autolimitazione” di Dio che si “ritrae” nell’atto della creazione del mondo), si indica il processo della Creazione “attraverso la contrazione” della sua Luce infinita per permettere che si producesse uno “spazio concettuale” dove reami finiti e apparentemente indipendenti potessero esistere: ” Solo in futuro sarà possibile comprendere lo Tzimtzum che ha portato in essere lo ‘Spazio Vuoto’, poiché di ciò dobbiamo dire due cose contraddittorie. Lo Spazio Vuoto è avvenuto mediante lo Tzimtzum, in cui, per così dire, Egli ha ‘limitato’ la Sua Divinità e l’ha ritirata da lì, ed è come se in quel luogo non vi sia il Divino…ma la verità assoluta è che il Divino deve tuttavia esservi presente, perché certamente nulla può esistere senza il Suo dargli vita”.
(Likkutei Moharan I, 64:1)

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Prima della Creazione Dio “riempiva” ogni spazio con la propria presenza e con la propria luce; in seguito, secondo questa concezione, Dio dispose un “vuoto” in rapporto a Sé, atto che, definito tzimtzum, sembra indicare metaforicamente una sua autolimitazione, argomento che concerne anche la coesistenza, già discussa nella Guida dei perplessi di Maimonide, tra cambiamento nella materia, nello spazio e nel tempo della Creazione e la Perfezione e l’Immutabilità nell’Unità di Dio: l’immagine dello tzimtzum va quindi sempre intesa come metafora di quanto avvenne ai primordi della Creazione. Quindi il Divenire necessità del Vuoto come dell’Essere che comunque in quel vuoto non è mai assente: “La Divina forza vitale che porta all’esistenza tutte le creature deve essere costantemente presente dentro di loro … se questa forza vitale abbandonasse qualsiasi essere creato anche per un solo istante, esso tornerebbe ad uno stato di nulla assoluto, come prima della creazione…” (Yosef Wineberg, “Commentario del Tanya”)

Atalanta Fugiens 28

Nell’Atalanta fugiens di M. Maier abbiamo due immagini che si collegano al nostro discorso, quella dell’Emblema V, dove un Rospo viene posto sul petto della donna, la cui chiave è quella di nutrire il rospo fino alla morte della donna (e del rospo) che gli cede il suo latte, quindi fino a “svuotarsi” per lo stesso e l’Emblema L dove è il Drago che si avvinghia alla donna nel tumulo funebre fino alla morte di entrambi. In entrambi abbiamo un rappresentante maschile, il rospo ed il drago (il drago in questo caso ha valenza maschile a differenza di altre immagini alchemiche), ed uno femminile, la donna, che sembra sacrificarsi nel nutrire o farsi divorare dal maschile, in un idillio funebre. Infatti nel primo emblema la morte della donna viene indicata come fine necessario (“Poni un rospo sul seno della donna perché lo allatti, e muoia la donna e sia gonfio di latte il rospo”) nell’altro viene suggerito dall’immagine ma anche riportato nella chiave dell’emblema (“Il drago uccide la donna e la donna il drago, e insieme sono cosparsi di sangue”). La morte comunque dell’uno determina quello dell’altro, affinché nessuno possa prevalere, come nel processo enantiodromico….

“Questo fenomeno caratteristico [l’enantiodromia] si verifica quasi universalmente là dove una direttiva completamente unilaterale domina la vita cosciente, così che col tempo si forma una contrapposizione inconscia altrettanto forte, che dapprima si manifesta con un’inibizione delle prestazioni della coscienza e in seguito con un’interruzione dell’indirizzo cosciente”
(Carl Gustav Jung, Dizionario di Psicologia Analitica)

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Siamo difronte al più grande mistero della Vita, queste immagini risaltano la congiunzione degli opposti (maschile e femminile, terra ed acqua e aria e fuoco) non in un idilliaco matrimonio mistico ma nel processo di vita e morte (Nigredo) e dell’essere e divenire, dove lo Spirito immutabile (a dir il vero con modalità aggressiva, un solfo nero, diabolico, Saturnino) imprigionato nella Materia stessa crea quel vuoto necessario al movimento della vita ma che vuoto non è mai realmente. Il fisso (terra) con il suo volatile insito (fuoco, rospo, drago: diavolo, desiderio) trattiene il volatile (aria) con il suo fisso nascosto (acqua). Ed è quest”ultima che dispensa vita….Un “Aqua permanens” che ben risalta questo processo enantriodomico, dove i due poli si riversano l’uno nell’altro, in un immagine che richiama alla mente lo Yin e lo Yang, come lo stesso Uroboro, o ancora il processo chimico distillatorio dei laboratori alchemici come quello di diluizione dei tenaci omeopati. Quello che noi chiamiamo più semplicemente il nostro Mercurio, l’Anima Mundi….(C.F.)

Immagine in alto tratta da “Il libro rosso” di Jung

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La congiunzione degli opposti per immagini

29 venerdì Apr 2016

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Femminile, Maschile, Mercurio, Opposti, Solfo, Unicorno, Vergine

 

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Al di là delle classiche immagini di Re e Regina la congiunzione degli opposti può essere più “esplicativa” in alcune sue immagini varianti. Ad esempio questa immagine può ben rappresentare il dialogo tra gli opposti aldilà di ogni sua possibile interpretazione più semplicistica: ben si evidenzia infatti la “reciprocità inversa” e la “circolarità” del maschile/femminile attraverso proprio l’attività/passività dell’azione, dove il Solfo cede al Mercurio ma dallo stesso viene “liberato”, in particolare l’azione del primo (agente>paziente) in un contesto più strettamente “biologico-materiale-pulsionale” diventa il riflesso invertito (agente<paziente) per polarità d’azione, in un contesto più psico/spirituale. Lo Spirito penetra, feconda la Materia e dalla stessa viene definito, determinato, liberato al suo “osservatore”, attraverso il suo “adsorbimento” (rendi fisso il volatile e volatile il fisso).

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La circolarità del processo inoltre ricorda molto l’immagine della Temperanza dei tarocchi, con il suo travaso di vasi d’oro e d’argento, quella stessa “complementarietà” dei due poli (spirito-materia) che si risolve in quel movimento che determina la vita, dall’alto al basso e dal basso all’alto, ben rappresentato infine dalle due “metà” sessuali dell’immagine; quel complesso “circolare, uroborotico” che li comprende entrambi e che normalmente chiamiamo Anima.

Prima immagine dalla pagina Facebook Bizarre Art

La sequenzialità degli eventi in un ottica più “filosofale”, tesa alla perfetta ricongiunzione dei due estremi, benché in tale processo l’atemporalità e la simultaneità sono le condizioni più idonee alla sua definizione, può essere “dedotta” comunque anche dalle seguenti immagini: nella prima il Solfo viene “adsorbito” dal Mercurio, nel secondo è il Solfo a “fecondare” il Mercurio:

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L’Unicorno sta alla Vergine quindi come l’Eroe al Drago, in una evidente inversione di polarità dell’azione sessuale, per cui nel primo, l’elemento maschile (unicorno) viene addomesticato da quello femminile (vergine), nel secondo è l’elemento maschile (eroe) a domare quello femminile (drago). Gli aspetti “filosofali” della Vergine e l’Eroe infatti domano la controparte sessuale. Infine nell’altra frequente immagine medioevale, della vergine con il drago, si coglie la transizione dei due aspetti della materia femminile: il drago e la vergine, il prima e il dopo dell’incontro-scontro con l’Eroe. (C.F.)

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Immagini: Dama con Liocorno di Raffaello Sanzio, San Giorgio e il Drago di H. Von Aachen, San Giorgio e il Drago di Paolo Uccello.

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