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La natura dell’Anima e l’anima della Natura

21 domenica Gen 2018

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Anima, Iside, Jung, materia, Mercurio

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“Pura, Inaccessibile, Avvolta in una Eterna Ombra solitaria, Oscurità Impenetrabile, Intensa, Impervia, Immensa…ha dato vita agli Dei, nessun uomo ha mai sollevato il suo Velo” (La polvere del branco. F. Battiato)

“Io sono tutto ciò che fu, ciò che è, ciò che sarà e nessun mortale ha ancora osato sollevare il mio velo”  (De Iside et Osiride, Plutarco, iscrizione riportata sotto la statua di Iside velata a Menfi)

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Descrivere la natura dell’anima o l’anima della natura è impresa ardua e complessa, ma proviamo a dare spunti di riflessione per coglierne qualche indizio. Innanzitutto dal titolo si comprende che anima e natura potrebbero coincidere e la scelta dell’immagine e dei testi dell’incipit danno l’idea che la natura appare velata cioè l’apparenza nasconde altro che ad un occhio attento può trasparire dal suo velo. Trasparire ma non sollevare, in quanto non è concesso all’uomo o meglio non dipende dalle sue capacità e come direbbero gli alchimisti è solo una concessione divina. L’anima della natura è quindi visibile soltanto indirettamente, attraverso il suo riflesso, le sue proiezioni, ma quest’ultime non sono solo frutto dell’immagine che l’uomo può avere della stessa, nel senso che la stessa immagine non è creazione svincolata dall’oggetto ma quest’ultimo ne è a monte, nel senso che la stessa materia non è proiezione dell’uomo nella misura in cui è l’uomo stesso che ne è a sua volta “proiettato”.

“Alla proiezione aderisce sempre qualcosa dell’oggetto che se ne fa carico, e se noi cerchiamo di inserire nella nostra coscienza ciò che abbiamo riconosciuto come psichico- e vi riusciamo in una certa misura- pure inseriremo con ciò qualcosa dell’universo e della sua materialità, o piuttosto saremo noi assimilati dall’inanimato, tanto il cosmo è infinitamente più grande di noi” (Lo spirito Mercurio, p.265, C. G. Jung)

“Questa Pietra è sotto di te, quanto a obbedienza; sopra di te, quanto a dominio; dipendente da te, per la scienza; attorno a te, per ciò che ti è uguale” (Artis auriferae, Liber primus de lapidis interpretationibus)

Da ciò ne deriva che la Materia stessa (la Natura) e la nostra Anima non differiscono in quanto la prima appare come Matrix della nostra psiche che attraverso le sue proiezioni a sua volta si rivela come Anima che riflette la stessa (Natura), in quel indissolubile connubio che sono la Materia e la Psiche.

Queste considerazioni mettono in evidenza quei principi ermetici per cui il macrocosmo materiale non è dissimile dal microcosmo della psiche dell’uomo, questo passaggio che in Jung, almeno in questo caso, gli permette di ridare valore al materiale alchemico, che lungi da essere soltanto un processo proiettivo inconscio sulla materia ne rappresenta lo strumento “consapevole” della conoscenza della Natura (e di conseguenza della natura dell’uomo).

Ma quali sono i contenuti di questa anima della Natura? Sono quelli che vengono assimilati alla figura di Mercurio…

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Sappiamo che Mercurio è caratterizzato dai seguenti aspetti: è duplice in quanto rappresenta gli opposti, bene e male, infero e divino, sessualità e spiritualità, madre e figlio, padre e figlio, fratello e sorella, maschio e femmina, fuoco e acqua, etc., inoltre è materia e spirito ma anche il processo che dalla prima va al secondo e viceversa, è il diavolo tentatore come lo spirito redentore, è inganno e saggezza, è grezzo come cloaca ma anche filosofale nell’omonima pietra, rappresenta il Sè come nel processo d’individuazione ma anche l’inconscio collettivo, il singolo come l’universale, è giovane e vecchio, puer e senex, etc. etc..

Tra le sue figure abbiamo il Drago, l’ermafrodito ma anche la Grande Madre, come Iside, la stessa Venere finanche la Vergine Immacolata, passando da Diana, Athena, Sofia, ma anche Lucifero, lo stesso Saturno, Cupido, la Melusina, la femme aux serpents, Priamo, Dioniso, Pan, finanche il Bafometto, l’Anticristo come lo stesso Cristo, il Lapis Philosophorum, la Remora, lo Spirito Santo e la stessa Trinità (Uno e Trino) etc.

Tutte figure dell’Anima della Natura che rappresentano la natura della nostra Anima.

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Eppure attraverso quel velo si riesce ad intravedere forme sinuose, aggraziate, piene di vita come di eros e soprattutto Conoscenza. Ed è forse questa la qualità più grande della natura, è insito nella stessa tutta la potenzialità per ritornare al Caos come quella di trasformarsi e migliorarsi, ma nessun cambiamento è possibile se non comprende gli aspetti opposti che la natura comprende, per evitare quanto già accaduto con la razionalità che si è nutrita di odio, superbia e violenza verso ciò che gli è contrario o opposto. Ed è per questo che è insito nei meandri oscuri della Natura, nel lato oscuro quella stessa luce della conoscenza, la stessa forza biologica come quella psicologica che risiede nel “dialogo” tra gli opposti, nell’anima appunto mercuriale che la contraddistingue….(C.Ferraro)

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Immag.: Particolare della Pudicizia di A. Corradini, 1752, Cappella di San Severo, Napoli; statua di Iside velata; statua di Mercurio; Educazione di Cupido del Correggio; il Risveglio di Psiche di Guillaume Seignac; Bartholomeus Spranger, Hermes and Athena, 1585, Praga.

 

 

 

 

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Il Maschile e l’illusione “maldestra” del possesso

17 domenica Dic 2017

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Grande Madre, Iside, Neumann, trono

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Spesso gli eventi recenti di cronaca hanno messo in risalto il “gioco” del maschile con il femminile (un po’ come accade tra il gatto ed il topo), che ha assunto forme sempre più “aggressive”, dal ricatto del cyberbullismo attraverso il “materiale” videopornografico fino al femminicidio reale e non più virtuale. Eppure queste manifestazioni attuali hanno un’origine ben più antica nella storia della coscienza dell’uomo, in particolare nel suo desiderio di possesso del femminile come della sua negazione. Infatti i due termini (negazione e possesso) spesso sono intrecciati ed il possedere una donna, modo di dire molto in uso in ambito sessuale, tradisce anche la negazione della stessa come soggetto di relazione (e ne fa l’oggetto della relazione sessuale). Eppure l’atto sessuale dell’uomo adulto è proprio il riconoscimento del femminile (a differenza di quanto accade nel mondo animale dove l’accoppiamento avviene da tergo) la consapevolezza “vis a vis” quindi da parte del maschio della matrice femminile e nello stesso tempo il confronto con il suo potere trasformatore/anima (e qui tanto significato ha la Venere allo specchio tanto raffigurata nel mondo dell’arte). Potremmo dire che nel passaggio dalla posizione da tergo a quella frontale dell’accoppiamento l’uomo pone le basi per l’acquisizione della consapevolezza di sè (la Coscienza versus l’Inconscio) non meno di quanto sia stato fondamentale il bipedismo e l’opposizione del pollice per lo sviluppo delle capacità cognitive. Ma questa “opportunità” evolutiva diventa da subito anche una rivalsa del maschile (rivalsa che eredita le paure del mondo fisico, della natura ed in ambito psicologico della parte “terribile” della Grande Madre) ed una manifestazione di una presunta superiorità del raziocinio sull’emotivo (o dello spirito sul corpo bypassando l’anima).

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Ma facendo un passo indietro nel tempo, nell’epoca matriarcale, il possedere (sessualmente parlando) aveva altri significati. Intanto il termine esprime un concetto differente rimandando l’etimo della parola al pos-sedere, quindi all’azione di sedersi. Ed infatti nella storia dell’archetipo femminile (come ci illumina Neumann) le prime Dee Madri risaltavano per la steatopigia dei fianchi e del sedere, che avvicinano le stesse alla terra che simbolizzano. Questo è ancora più evidente nelle successive rappresentazioni della Dea Madre che appare seduta (inoltre come nel simbolismo della stessa dea della montagna, una base che sostiene il tutto, per cui oggi diremmo una base sicura) o ancora con un bambino sulle gambe o in grembo: “La steatopigia, l’accentuazione del sedere nelle rappresentazioni artistiche delle culture primitive della Dea Madre,  va compresa dal punto di vista del simbolismo corporeo. Questa sedentarietà, in cui il sedere è in antitesi con i piedi (movimento) rappresenta un legame particolarmente stretto con la terra ed il carattere dell’atto di sedere diviene chiaro a paragone con i termini possedere, prendere possesso, sede, etc. Nel rituale e negli usi e costumi, sedersi su qualcosa significa prendere possesso”(E. Neumann-La Grande Madre)

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Questa evoluzione figurativa nella raffigurazione della Grande Madre seduta è la forma originaria della dea troneggiante e quindi del trono stesso.
Basta osservare le Madonne con bambino e la loro origine dall’Iside con Horus e Iside con il Re che diventa comprensibile la derivazione successiva del trono ed il Re. Quindi  il trono con la Dea è l’immagine archetipica che darà spunto al Trono stesso (lo stesso nome Iside, tramite il greco Ισις (Isis) e il latino Isis, deriva dall’egizio Ist o Iset, Ast o Ueset significa “colei del trono”). Lo schienale, i braccioli, la seduta con cui indichiamo il trono sono già indicativi della raffigurazione delle parti anatomiche della Dea assisa. Dea assisa che richiama la terra, la montagna, che accoglie il Sole o che ne fa da sostegno. Ma è il trono/regno a fare il Re e non viceversa ed il Re che prende possesso della terra, la Dea Madre, lo fa sedendosi letteralmente nel suo grembo come il bambino/figlio.

” Il re giunge al potere salendo sul trono e prende posto in grembo alla Grande Dea, la terra, quando diviene suo figlio” (E. Neumann, la dea primordiale in La Grande Madre)

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Lo stesso possesso (sessuale) del maschile verso il femminile dovrebbe essere esattamente l’accoglienza, il sostegno del femminile verso il maschile (nelle rappresentazioni della Dea della montagna è la stessa che accoglie il Sole che cala sulla montagna, il Numinoso, lo Spirito). Lo spirito eleva l’uomo, si astrae dalla materia ma dalla stessa è determinato, e non può farlo se la rifiuta o la riduce ad oggetto rinnegando la “sua stessa anima”. L’illusorio fine dell’uomo, l’evoluzione della sua coscienza e conoscenza si trasforma così soltanto in un puerile ed inutile gioco di possesso fisico e frustrazione. Frustazione dell’impossibità di autonomia della coscienza dal corpo, dalle emozioni e dall’amore stesso, da cui sarà sempre agito, perché questi uomini dediti all’esercizio del possesso saranno comunque sempre “figli” e dipendenti dalla Dea Madre, su cui non regneranno mai, una Dea Madre spesso nelle vesti della madre stessa (ma questo è un altro capitolo)….

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Immagini:  Iside con Horus rappresentata nei sotterranei di Roma, Venere di Willendorf, Iside con Horus a confronto con Madonna con bambino, Iside velata e trono, Iside con il Re sulle ginocchia, nel portico del tempio di Seti I (destra dell’immagine)

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Il Maschile e l’illusione “maldestra” del possesso

04 martedì Ott 2016

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Grande Madre, Iside, Neumann, trono

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Spesso gli eventi recenti di cronaca hanno messo in risalto il “gioco” del maschile con il femminile (un po’ come accade tra il gatto ed il topo), che ha assunto forme sempre più “aggressive”, dal ricatto del cyberbullismo attraverso il “materiale” videopornografico fino al femminicidio reale e non più virtuale. Eppure queste manifestazioni attuali hanno un’origine ben più antica nella storia della coscienza dell’uomo, in particolare nel suo desiderio di possesso del femminile come della sua negazione. Infatti i due termini (negazione e possesso) spesso sono intrecciati ed il possedere una donna, modo di dire molto in uso in ambito sessuale, tradisce anche la negazione della stessa come soggetto di relazione (e ne fa l’oggetto della relazione sessuale). Eppure l’atto sessuale dell’uomo adulto è proprio il riconoscimento del femminile (a differenza di quanto accade nel mondo animale dove l’accoppiamento avviene da tergo) la consapevolezza “vis a vis” quindi da parte del maschio della matrice femminile e nello stesso tempo il confronto con il suo potere trasformatore/anima (e qui tanto significato ha la Venere allo specchio tanto raffigurata nel mondo dell’arte). Potremmo dire che nel passaggio dalla posizione da tergo a quella frontale dell’accoppiamento l’uomo pone le basi per l’acquisizione della consapevolezza di sè (la Coscienza versus l’Inconscio) non meno di quanto sia stato fondamentale il bipedismo e l’opposizione del pollice per lo sviluppo delle capacità cognitive. Ma questa “opportunità” evolutiva diventa da subito anche una rivalsa del maschile (rivalsa che eredita le paure del mondo fisico, della natura ed in ambito psicologico della parte “terribile” della Grande Madre) ed una manifestazione di una presunta superiorità del raziocinio sull’emotivo (o dello spirito sul corpo bypassando l’anima).

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Ma facendo un passo indietro nel tempo, nell’epoca matriarcale, il possedere (sessualmente parlando) aveva altri significati. Intanto il termine esprime un concetto differente rimandando l’etimo della parola al pos-sedere, quindi all’azione di sedersi. Ed infatti nella storia dell’archetipo femminile (come ci illumina Neumann) le prime Dee Madri risaltavano per la steatopigia dei fianchi e del sedere, che avvicinano le stesse alla terra che simbolizzano. Questo è ancora più evidente nelle successive rappresentazioni della Dea Madre che appare seduta (inoltre come nel simbolismo della stessa dea della montagna, una base che sostiene il tutto, per cui oggi diremmo una base sicura) o ancora con un bambino sulle gambe o in grembo: “La steatopigia, l’accentuazione del sedere nelle rappresentazioni artistiche delle culture primitive della Dea Madre,  va compresa dal punto di vista del simbolismo corporeo. Questa sedentarietà, in cui il sedere è in antitesi con i piedi (movimento) rappresenta un legame particolarmente stretto con la terra ed il carattere dell’atto di sedere diviene chiaro a paragone con i termini possedere, prendere possesso, sede, etc. Nel rituale e negli usi e costumi, sedersi su qualcosa significa prendere possesso”(E. Neumann-La Grande Madre)

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Questa evoluzione figurativa nella raffigurazione della Grande Madre seduta è la forma originaria della dea troneggiante e quindi del trono stesso.
Basta osservare le Madonne con bambino e la loro origine dall’Iside con Horus e Iside con il Re che diventa comprensibile la derivazione successiva del trono ed il Re. Quindi  il trono con la Dea è l’immagine archetipica che darà spunto al Trono stesso (lo stesso nome Iside, tramite il greco Ισις (Isis) e il latino Isis, deriva dall’egizio Ist o Iset, Ast o Ueset significa “colei del trono”). Lo schienale, i braccioli, la seduta con cui indichiamo il trono sono già indicativi della raffigurazione delle parti anatomiche della Dea assisa. Dea assisa che richiama la terra, la montagna, che accoglie il Sole o che ne fa da sostegno. Ma è il trono/regno a fare il Re e non viceversa ed il Re che prende possesso della terra, la Dea Madre, lo fa sedendosi letteralmente nel suo grembo come il bambino/figlio.

” Il re giunge al potere salendo sul trono e prende posto in grembo alla Grande Dea, la terra, quando diviene suo figlio” (E. Neumann, la dea primordiale in La Grande Madre)

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Lo stesso possesso (sessuale) del maschile verso il femminile dovrebbe essere esattamente l’accoglienza, il sostegno del femminile verso il maschile (nelle rappresentazioni della Dea della montagna è la stessa che accoglie il Sole che cala sulla montagna, il Numinoso, lo Spirito). Lo spirito eleva l’uomo, si astrae dalla materia ma dalla stessa è determinato, e non può farlo se la rifiuta o la riduce ad oggetto rinnegando la “sua stessa anima”. L’illusorio fine dell’uomo, l’evoluzione della sua coscienza e conoscenza si trasforma così soltanto in un puerile ed inutile gioco di possesso fisico e frustrazione. Frustazione dell’impossibità di autonomia della coscienza dal corpo, dalle emozioni e dall’amore stesso, da cui sarà sempre agito, perché questi uomini dediti all’esercizio del possesso saranno comunque sempre “figli” e dipendenti dalla Dea Madre, su cui non regneranno mai, una Dea Madre spesso nelle vesti della madre stessa (ma questo è un altro capitolo)….

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Immagini:  Iside con Horus rappresentata nei sotterranei di Roma, Venere di Willendorf, Iside con Horus a confronto con Madonna con bambino, Iside velata e trono, Iside con il Re sulle ginocchia, nel portico del tempio di Seti I (destra dell’immagine)

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