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La Materia prima e il mito di Fanete

22 domenica Set 2019

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caos, Eros, Fanete, Uovo primordiale

“Ogni atto di creazione è prima di tutto un atto di distruzione” (Picasso)

La Materia Prima per gli alchimisti era il Caos, dal punto di vista fisico ogni materia da mettere sul cruogiolo è un caos in parte, essendo solo il metallo nobile la materia perfetta, ogni forma precedente è uno sviluppo, una fase dello sviluppo che dal caos va verso il metallo perfetto, l’oro appunto. Per questo motivo ogni materia può essere materia prima, in quanto non ancora portata a perfezione. Nel linguaggio simbolico il caos è sempre un punto di passaggio necessario, quindi qualsiasi materia vada sul crogiolo, qualunque sia il suo stato deve essere prima riportata totalmente a livello caotico, rincrudita. Questo passaggio obbligato, definito Nigredo, è spesso reiterato se necessario. Se la nigredo rappresenta la morte della materia viva ne è a sua volta anche la sua rivitalizzazione, un nuovo inizio. Spesso questa fase operativa è stata associata alla depressione nel linguaggio psicologico ed in effetti in parte lo è, depressione come crollo di un sistema che ha fallito, un ordine decostituito, lo stesso colore nero rinvia a quello stato d’animo depressivo, dove non vi è luce, vitalità, forza. Ma è la depressione che rinvia a qualcos’altro, come se la natura preveda uno stato indifferenziato, caotico, tenebroso a cui la depressione in parte si rifà. Ed è questo appunto l’inverno della vita, la nigredo. Ogni fioritura primaverile è preceduta all’inverno, ma ben lungi dall’essere una stagione senza vita è una stagione in cui la vita si cova, apparentemente rallenta ma potenzialmente si resetta per trovare nuove energie alla ripresa primaverile. Questo è il caos, il vuoto potenzialmente pieno dell’oscurità, il grembo fecondo di nuova vita, e questo è il significato della nigredo.

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Se il Caos corrisponde alla Materia Prima, la stessa deve essere inevitabilmente associata all’energia primordiale, origine del tutto, il tutto in potenza, lo Spirito vitale (qualcuno poi identifica la Prima Materia con il Caos e la Materia Prima con questo principio vitale, in parte raffigurato anche dall’Adamo primordiale). Nella mitologia orfica questo principio vitale, increato e ingenerato, viene rappresentato da una figura caratteristica, dall’aspetto giovanile, alato, avvolto da spire di un serpente, a volte inserito in un uovo primordiale con attorno raffigurazioni dei dodici segni zodiacali e sul petto tre teste di animale (toro, ariete, leone, probabilmente per rafforzarne il significato di energia attiva caratterizzata da costanza, azione e potere), Fanete.

Fanete

Fanete o Fanes, (in greco antico Φανης Phanês, “luce”), è chiamato anche Protogonos (“il primo nato”) e Erikepaios (“donatore di vita”),  nella cosmogonia orfica rappresenta una figura primigenia, dalla quale è derivato tutto l’Universo, il nome più che luce potrebbe significare messo alla luce, mostrato (dal verbo PHAINESTAI) “colui che si manifesta” (si potrebbe anche dire “epifania”, altro termine che ha la stessa radice semantica). Emerge agli albori dell’universo dall’uovo cosmico deposto da Chronos (il Tempo) e Ananke (la Necessità), quale principio primo ed unico, era ermafrodito e da esso si generò tutto, o si rigenerò tutto, altre versioni invece lo fanno precedente a Cronos e a sua figlia Nix (Notte). Un mito ricorrente è che Zeus dovette inghiottire Phanes per acquisirne il potere cosmico e diventare definitivamente il nuovo re dell’universo. Quale potenza creatrice e dio primigenio, dalle ali d’oro, veniva anche equiparato ad Eros, o ad Aion,  lo stesso Jung in Simboli della Trasformazione lo associa a Eros e a simbolo della libido. Il serpente che lo avvolge sembra associarsi al tempo, viene visto da Jung anche come Puer aeternus o fanciullo divino. Il chiaro associarsi comunque al Caos e alla Materia Prima lo si evidenzia anche dalla sua discendenza. Discendenza che ritroviamo nella figura di Dioniso, i cui aspetti contraddittori, vitali, trasformatori (vino e spirito di-vino) e caotici  bene evidenti nella mitologia orfica (Dioniso Zagreo) riprendono quelli di Fanete (la discendenza va da Fanes, Notte, Urano, Kronos, Zeus fino a Dioniso). Correlazioni tra Fanete e Dioniso si ritrovano anche nei significati delle due figure:  per il filologo Walter Otto Dioniso infatti rappresenta “lo spirito divino di una realtà smisurata che si manifesta in un eterno deflagrare di forze opposte: estasi e terrore, vita e morte, creazione e distruzione, fragore e silenzio; è una pulsione vitale dirompente e selvaggia, che affascina e inquieta: la sinfonia inebriante dell’universale realtà del cosmo”. Per Karl Kerenyi “dove regna Dioniso la vita si rivela irriducibile e senza confini”.

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Ritornando all’associazione con la materia prima, il caos, e la libido, non tanto come energia sessuale ma come principio vitale, il mito di Fanete e dell’uovo primordiale (la presenza dell’uovo primordiale associa inoltra la nascita di Fanete anche a quella di Mitra armato di spada sempre all’interno di un uovo cosmico, nondimeno alla nascita di Cristo all’interno della grotta) ci riconduce all’importanza di agire sulla Materia Prima, che in ambito psicologico possiamo associare all’inconscio collettivo, fonte di nuovi ordini che emergono da quel magma caotico di forze contrapposte, che sono alla base della nascita-rinascita di un nuovo Io. Un Io più prossimo ad un Sè sempre più articolato, soprattutto per far fronte a quelle difficoltà di cambiamento, che costituiscono la complessità del vivente e della vita stessa.

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La matematica Angelique Keene affermava: “Lo spazio della complessità è quello stato che il sistema occupa e che si trova tra ordine e caos. È uno stato che abbraccia il paradosso; uno stato in cui l’ordine e il disordine convivono simultaneamente. È anche lo stato in cui il sistema può realizzare ed esplorare il massimo in quanto a creatività e possibilità diverse” (Complexity theory: the changing role of leadership, in «Industrial and Commercial Training», 2000), questo è lo spazio (uovo primordiale) dove nasce sempre Fanete….

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Il Disturbo Ossessivo ossia il naturale e necessario emergere del Caos…

18 sabato Mag 2019

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cambiamento, caos, Disturbo ossessivo, Lao Tzu

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La vita è una serie di cambiamenti spontanei e naturali. Non cercare di resistere a questi cambiamenti. Resistere crea solo dolore. Lascia che la realtà sia la realtà e che le cose prendano il loro corso naturale (Lao Tzu)

Il disturbo ossessivo resta una delle psicopatologie più complesse da curare per lo psichiatra e lo psicologo, che in alcune forme gravi assume gli aspetti di una vera psicosi, piuttosto resistente anche alle terapie farmacologiche. La presenza d’idee intrusive, a contenuto spiacevole, in genere con aspetti essenzialmente antietici ed antitetici alla personalità del soggetto in senso lato, come idee di contaminazione, sporco, di disordine o pensieri a sfondo sessuale o violento, contro sé o altri, finanche timore di bestemmiare, che determinano necessità di controllo compensatorio fino a veri e propri rituali (compulsioni), rendono chi ne soffre in balia di se stesso e dei suoi assurdi pensieri.

Teorie psicodinamiche incentrano la genesi di questi pensieri di controllo come meccanismi di difesa (formazione reattive) all’emergere d’istanze inconscie a sfondo punitivo/aggressivo (la vendetta dell’Id contro il Super Io), quelle cognitive incentrano la genesi del disturbo sull’ambivalenza delle figure genitoriali, spesso contemporaneamente punitive ed elogiative, dove atteggiamenti amorevoli sono sovrapposti ad altri di valenza opposta quasi simultaneamente, per cui il bambino percepisce sé come amabile e indesiderabile allo stesso tempo. L’associazione poi dell’emergere di emozioni come rabbia e desideri sessuali slatentizza l’ambivalenza dell’Io e il disturbo stesso.

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Ma l’approccio alchemico ci dice anche altro. Appare evidente come già sottolineato da Jung che quella parte di noi non accessibile alla coscienza, l’Ombra, gioca un ruolo fondamentale in questo disturbo. Chi ne è affetto, un po’ come accade anche nel Disturbo Bipolare, che tralaltro ha una elevata comorbilità con il Disturbo Ossessivo, si trova a confrontarsi con parti di sé che apparentemente non gli sono consone, parti distruttive, rivoluzionare, spesso senza freni, tendenzialmente antagoniste al modo di essere. Sicuramente gli aspetti unilaterali della coscienza ne favoriscono l’emergere  (questo non accade solo nel disturbo ossessivo) e probabilmente il disturbo ossessivo, per quell’affettività ambivalente che caratterizza le prime fasi di vita, rappresentano il terreno fertile per lo sviluppo collaterale di un Ombra ancora più radicale quanto misconosciuta. Ma gli aspetti trasversali a tutte queste forme cliniche di mancato equilibrio tra parti opposte, che nel Disturbo Ossessivo prende una forma piuttosto estrema, ci mostrano una forza dirompente che ha un solo significato: disordine. Disordine da apportare ad un ordine precostituito non adeguato, non capace, non inclusivo delle parti necessarie che lo stesso abbisogna. L’emergere dei pensieri antagonisti opposti sembra il necessario contraltare ad un sistema che non riesce ad adattarsi ai cambiamenti necessari che vengono sollecitati. Il controllo di compenso (compulsioni) non modifica lo stato ma lo tende a cronicizzare, è il persistere di una guerra interna tra fazioni in rivolta quando invece bisogna adattarsi all’esterno e il necessario cambiamento di atteggiamento che lo stesso elicita. Come sempre ogni nevrosi è un punto di svolta necessario ad un nuovo equilibrio, ma nelle biforcazioni in quanto tali sono sempre due le scelte possibili, quella di cambiamento migliorativo e quella di peggioramento. Il sistema spesso involve e non evolve, ed allora il caos trasformativo non desiste, distrugge ma non cessa, cosicché il punto di svolta diventa un punto perenne di una trasformazione che non avverrà mai ma che nello stesso tempo non cesserà di insistere.

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Approcci terapeutici: Il significato stretto del sintomo (paura di sporcarsi, di commettere atti violenti, di bestemmiare, di farsi del male, di trovare disordine, sporco) e le necessarie e scaramantiche misure di controllo compulsivo hanno una importanza limitata, non è tanto il gesto o pensiero temuto ma la sua valenza antagonista ad avere significato appunto caotico. Correlarlo all’emergenza significativa del presente, alla nuova necessità di adattamento, alla richiesta interna o esterna di cambiamento è fondamentale proprio per evidenziare il punto nodale di collasso dell’ordine precostituito. L’emergere inoltre di emozioni a valenza dirompente (rabbia) e pulsionale mostra lo strumento preferito dal caos, il sulfureo, quello stesso “elemento” che in un percorso affettivo conflittuale pregresso, di natura ambivalente, è stato in parte controllato ma che è restato come fuoco sotto la cenere ardente, pronto ad essere riattivato.

Immagini: foto tratte dal sito fotocontest.it, con scatti in gara sul tema degli opposti

 

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La “magia” del Caos, dal Libro Rosso di Jung alle strutture dissipative di Ilya Prigogine…

09 domenica Dic 2018

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caos, Jung, Libro Rosso, Prigogine, strutture dissipative

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“Mi trovo davanti a una buia caverna immerso fino alle caviglie in un nero luridume. Intorno a me aleggiano delle ombre. Sono attanagliato dalla paura ma so che devo entrare. Striscio attraverso una stretta fenditura nella roccia e giungo in una caverna più interna col fondo ricoperto di acqua nera, ma dall’altra parte scorgo una pietra che emana una luce rossastra a cui devo arrivare” (Viaggio infernale nel futuro. Il Libro Rosso, C.G. Jung)

Jung nel suo lungo viaggio visionario del Libro Rosso, nato per incontrare la sua Anima, ad un certo punto abbandona l’Intelletto e lo Spirito del tempo e dopo 25 giorni nel deserto entra nell’Inferno (della follia), arriva a quanto pare all’ingresso del Caos o dello Spirito del Profondo (l’Inconscio collettivo).

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Il Caos nell’ermetismo e nella simbologia ermetica è rappresentato spesso dall’immagine del Drago o dalla stessa Caverna Oscura o Quercia cava (chēne, la cui radice è il greco chaino che significa aprirsi, essere spalancato e da cui si forma chaos, che designa non solo l’idea del caos e delle tenebre ma anche larga apertura ed abisso. Canseliet. L’Alchimia. Simbolismo ermetico e pratica filosofale).

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Ma perché il Caos, la follia divina, come la designa Jung, hanno così importanza nella cultura ermetica e nello stesso viaggio onirico di Jung? In fisica, in particolare in termodinamica il caos ha un suo nome ed è entropia. L’entropia come misura, indicatore, nasce con la termodinamica, in particolare quando i principi della meccanica (determinismo, causa ed effetto e reversibilità) si mostrarono inadeguati a dimostrare cosa avveniva nello scambio di energia e calore tra due corpi di differente temperatura (quando cioè una certa quantità di energia si disperdeva e non poteva essere ri-utilizzata). Inizialmente considerata una semplice conseguenza degli attriti e delle dispersioni, ci si rese conto che si trattava di un vero e proprio principio fisico, oggi noto come “secondo principio della termodinamica”. Infatti mentre il primo principio afferma che in tutti i processi di un sistema isolato si conserva l’energia totale,  il secondo principio ci dice invece che non tutti i processi conservativi sono possibili e che esistono infatti trasformazioni in cui non avviene la conversione di tutto il calore utilizzato in lavoro, il calore si disperde e in altre parole, l’energia impiegata sarà sempre maggiore di quella ricavata.  Fu Clausius a introdurre, nel 1865, la nozione di entropia, ed estese questo principio dei motori termici su scala cosmologica.  Dunque quest’ultima esprime l’irreversibilità dei fenomeni naturali in quanto indice della degradazione dell’energia (al crescere dell’entropia, diminuisce l’energia utilizzabile). Quindi a differenza dell’energia che, in un sistema isolato, si mantiene costante, l’entropia, al contrario, cresce nel corso delle trasformazioni, fino a raggiungere un massimo. Lo stato di massima entropia segna il raggiungimento dell’equilibrio, e l’impossibilità per il sistema di compiere ulteriori trasformazioni.

Con il concetto di entropia (dal greco entropé, traducibile  con “cambiamento interno”) si dimostra che i processi irreversibili scoperti da Fourier nella conduzione del calore, raggiungono portata cosmologica: “l’entropia diventa così un indicatore di evoluzione, esprime il fatto che in fisica esiste una freccia del tempo” (Prigogine). La scienza del calore immette un elemento nuovo rispetto alla meccanica: la freccia del tempo dei processi irreversibili. Boltzmann dimostrerà che, nel tempo, il sistema tende a raggiungere lo stato corrispondente alla massima probabilità, che coincide con il massimo disordine molecolare: la crescita dell’entropia viene così spiegata in base a considerazioni di tipo statistico. Per esemplificare: il fatto che il calore fluisca spontaneamente da un corpo freddo ad uno più caldo non è, in linea di principio, un evento impossibile, ma un evento altamente improbabile, con una probabilità vicina a zero, per questo non viene mai osservato.

Ma se l’universo, nel suo complesso, evolve verso stati di massimo disordine, come spiegare l’emergere di strutture altamente complesse ed organizzate, quali gli organismi viventi che, dal punto di vista di Boltzmann, corrispondono a stati altamente improbabili? Prigogine (scienziato russo di fama mondiale, padre dell’epistemologia della complessità, si occupò della termodinamica dei sistemi complessi, le cui ricerche lo portano a formulare, nel 1967, il concetto di struttura dissipativa, e nel 1977 il premio Nobel per la chimica) è convinto che il principio d’ordine di Boltzmann sia inadeguato per rendere conto non solo dell’esistenza dei sistemi viventi, uomo compreso, ma anche di una vasta classe di fenomeni, che avvengono nella materia inanimata, e a cui egli ha dato il nome di strutture dissipative. Le strutture dissipative sono state al centro della ricerca scientifica di Prigogine. In condizioni normali, come si è detto, un sistema termodinamico evolve verso una situazione di equilibrio, corrispondente ad un massimo di entropia, stato oltre il quale non sono più possibili ulteriori cambiamenti. In certe circostanze tuttavia, il sistema può stabilizzarsi in uno stato dinamico assai lontano dal punto di equilibrio. L’esempio forse più semplice di tali equilibri dinamici è rappresentato dalle cosiddette cellule di Bénard: queste strutture si formano in un fluido posto in mezzo a due superfici orizzontali, di cui la superiore è mantenuta a temperatura più bassa dell’altra. Se la differenza di temperatura tra queste due superfici supera un certo valore critico, si creano dei moti convettivi, che vanno a formare strutture esagonali (cellule di Bénard). È chiaro che lo stato di turbolenza che si viene ad instaurare non va inteso come puro caos, in quanto le molecole del fluido non si muovono in modo disordinato, ma secondo moti collettivi, che coinvolgono contemporaneamente milioni di elementi: siamo dunque di fronte ad una struttura organizzata, che si è creata spontaneamente a partire da uno stato omogeneo.

bernard

In questo caso l’entropia del sistema diminuisce anziché aumentare, e si osserva con regolarità un fenomeno che nella teoria di Boltzmann sarebbe altamente improbabile. Avviene che, in certe condizioni di lontananza dall’equilibrio, una minima perturbazione nel sistema, anziché smorzarsi nel giro di poco tempo, viene amplificata, generando turbolenze che, in casi come le cellule di Bénard, danno luogo a strutture ordinate.

Le+celle+di+Bénard+Riscaldando+dal+basso+un+sottile+strato+di+liquido,+hanno+inizio+i+moti+convettivi.

“L’instabilità detta “di Bernard” è un esempio lampante di come l’instabilità di uno stato stazionario dia luogo a un fenomeno di autorganizzazione spontanea” (Prigogine)

Un altro esperimento conferma questa “tendenza” del sistema caotico a organizzarsi, evidenziato da Prigogine, quello degli orologi chimici. Ci sono due tipi di molecole nella soluzione, quelle “rosse” e “blu”. A causa del moto caotico delle molecole, ci aspetteremmo che il recipiente dovrebbe sembrarci “violetto” con lampi irregolari di rosso o di blu. Ma questo non succede il sistema è tutto blu, poi improvvisamente il suo colore diventa rosso, poi ancora blu […]. Per cambiare colore tutte in una volta le molecole hanno bisogno di “comunicare”. Il sistema deve agire come un tutto. Le strutture dissipative probabilmente ci aprono la porta di uno dei più semplici meccanismi di comunicazione. Fenomeni come questi, teoricamente previsti e sperimentalmente osservati, inducono a rimettere in discussione la visione riduzionista dei sistemi fisico-chimici, in quanto “il sistema deve agire come un tutto”. Inoltre viene riscoperto il concetto di “comunicazione” tra le parti del sistema, come interazione tra i singoli elementi (le molecole) e la forma complessiva dell’insieme (la soluzione)

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Un altra caratteristica osservata è quella della presenza di biforcazioni nei diagrammi della loro evoluzione. Si tratta di punti di instabilità, in corrispondenza dei quali il sistema può imboccare due strade diverse, in conseguenza di variazioni infinitesime nell’intorno del punto. Un esempio intuitivo in meccanica può essere dato dal pendolo rigido, cui è impressa una velocità iniziale tale da farlo giungere con velocità nulla sulla verticale: in corrispondenza di tale punto critico esso potrà o ricadere all’indietro instaurando il caratteristico moto oscillatorio, oppure procedere in avanti, cominciando a roteare intorno al suo perno. La differenza tra queste due possibilità sta in oscillazioni infinitesime intorno al punto di equilibrio instabile, e dunque in un elemento irriducibilmente casuale. Ma i sistemi chimici esaminati da Prigogine presentano un numero notevole di punti di biforcazione, che danno al diagramma di evoluzione una forma ramificata o “a cascata”: questo fa sì che il cammino del sistema sia irriducibilmente legato alla sua “storia”, ossia alle “scelte” fatte in corrispondenza delle biforcazioni, una situazione dunque molto diversa rispetto a quella della dinamica tradizionale.

Struttura+dissipativa

Lo spazio della materia vivente, come quello delle strutture dissipative, è uno spazio “aristotelico”, non isotropo, in cui si determinano direzioni, specializzazioni delle parti, gradienti di sistema, come è possibile vedere nei processi di embriogenesi. Possiamo dire dunque che i problemi della non-linearità e delle strutture dissipative costituisce un campo i cui sviluppi potranno dare un contributo decisivo nella spiegazione del fenomeno della vita, compensando alle insufficienze del paradigma riduzionista darwiniano: “Una volta che le condizioni per l’auto-organizzazione siano soddisfatte, la vita diventa altrettanto prevedibile quanto l’instabilità di Bénard o la caduta di un sasso”. Queste scoperte inducono a modificare profondamente l’immagine del mondo proposta dalla fisica classica: l’universo non si presenta più come una macchina, insieme eterno di traiettorie determinate, ma nemmeno come un motore termico, in cui tutto va verso il decadimento; nella natura è insita una sorta di imprevedibilità “creatrice”, una combinazione di caso e necessità, necessità delle leggi deterministiche lungo le traiettorie, ed elemento casuale nei “punti di biforcazione”, che, in determinate condizioni, può dare origine alla varietà delle strutture ordinate, di cui noi stessi siamo un esempio. Dunque si può parlare di “ordine dal caos”, come recita anche il titolo inglese dell’opera di Prigogine: Order out of Chaos. Tutto ciò impone una nuova caratterizzazione del tempo: il tempo della meccanica classica e relativistica è una semplice variabile nelle equazioni del moto, fluisce in modo uniforme, non è apportatore di novità, in quanto tutta l’informazione è contenuta nelle condizioni iniziali. Oggi invece si impone un nuovo concetto di tempo, poiché la maggioranza dei fenomeni fisici chimici e biologici non si spiegano in termini di “leggi” ma di “processi”, in cui il tempo è continuamente apportatore di nuove informazioni, poiché nel tempo si determinano le “scelte” del sistema, che vanno a costituire la sua “storia”, secondo una evoluzione non predicibile a partire dalle condizioni iniziali.

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L’osservazione dei fenomeni naturali ha permesso agli antichi alchimisti di conoscere in parallelo quello che accade nell’uomo, il rapporto tra ordine e disordine, di quanto la materia prima, un altra “metafora” del caos, sia necessaria in ogni “trasformazione”, di come nell’aumento del caos o entropia è implicita la nascita di un nuovo ordine. Ad esempio un altro simbolo è quello  della vergine Nera. Il colore del caos associato alla forma a cui è destinato, quella forma perfetta, immacolata (la vergine) che genera il suo figlio migliore (il lapis), proprio quell’ordine nuovo che dal caos prende forma.

Ma ritorniamo al Libro Rosso: “Dalla luce rossa del cristallo si sprigionò un riverbero di sangue, e quando sollevai la pietra per scoprirne il segreto si svelò davanti ai miei occhi questo orrendo spettacolo: nel profondo di quel che ha da venire c’era l’assassinio. Il biondo eroe giaceva ucciso. Il coleottero nero è la morte che è necessaria al rinnovamento, perciò dietro di lui ardeva un nuovo sole, il sole del profondo”

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Nel mito e nella simbologia alchimia l’Eroe in genere trafigge il drago o lo doma, per liberare ad esempio la principessa o la fanciulla imprigionata, nel racconto di Jung l’eroe viene ucciso nell’antro infernale del caos (Sigfrido come nei commenti di Jung o forse egli stesso). In pratica è il Drago a determinare il sacrificio dell’eroe. Per Jung è il senso, il significato che deve essere annientato davanti al non-potere. Nell’ottica di cui sopra è quel punto di biforcazione che, affinché il sistema si evolva, deve far emergere nuovi significati, nuovo ordine e per fare ciò occorre che quello precedente venga destituito, ad opera proprio di quel caos-disordine-drago che prima veniva domato. Questo mostra di come il Drago sia importante almeno quanto l’eroe, o se si vuole il principio femminile quanto quello maschile, o ancora l’eros quanto il logos, o la libido quanto la conoscenza.

Nella cultura orientale ad esempio il Drago è un simbolo positivo portatore di benessere e novità, ricchezza e vita. Nel Libro Rosso Jung fa emergere nuova vita e nuovo significato proprio dalla morte dell’Eroe (ordine precostituito o Spirito del tempo), mettendo bene in relazione l’agire del Caos come necessità di rinnovamento, trasformazione e creazione di nuovi significati.

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E’ il significato come energia informativa, entropia negativa, neghentropia o sintropia, come viene  definita oggi in fisica, che si oppone al disordine, come in una cellula fenomeni anabolici si accoppiano a quelli catabolici a spesa dell’ambiente o come direbbe Prigogine l’ordine che si alterna al disordine e che in esso trova la sua matrice. (C. Ferraro)

Immagini: Illustrazione di G. Dorè per l’Inferno di Dante; immagini tratte dal Libro Rosso di Jung; celle di Bénard; il Caos/orco del parco dei mostri di Bomarzo; Vergine Nera Incoronata di Rocamadour, in Francia; un Drago cinese; Medusa con la testa di Perseo in una scultura di Luciano Garbati, esempio d’inversione del simbolo o mitologia inversa, con la morte dell’Eroe come nel racconto del Libro Rosso di Jung.

 

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Perché il Caos è femmina…e l’ordine pure? Medusa e Atena, simboli dell’Anima, insegnano…

20 venerdì Ott 2017

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Anima, Atena, caos, Medusa, Mercurio

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Due immagini mitologiche così diverse eppure affini le troviamo in quelle di Athena e Medusa, un affinità che si evince nella funzione primaria che le caratterizza, seppure nei due versi opposti, l’intelletto e la sua perversione….tra l’altro la prima ha pure la testa della seconda sul suo scudo fatto di pelle di capra (l’Egida). Infatti se Medusa è una delle tre Gorgoni che vivono ai margini del Caos (le Esperidi) nella fattispecie quella che rappresenta la perversione dell’intelletto, Athena rappresenta all’inverso la Dea guerriera della conoscenza. Se Medusa si associa al Caos e con il suo aspetto “rettiliano” riconduce inevitabilmente al Drago, Athena nella sua esaltante ed austera bellezza richiama naturalmente la Grazia “vincente” della Natura stessa. Ma perché sono femmina entrambi?? Un esempio di questo accostamento lo troviamo nell’iconografia medioevale e rinascimentale dove spesso al Drago (rappresentante del Caos) si associa la fanciulla “graziosa” prigioniera che aspetta di essere liberata dal prode Cavaliere, qui però abbiamo una situazione inversa (il Drago “trattiene” la Grazia) a quella precedente dove la Dea guerriera ha invece sul suo scudo la testa del “Drago” vinto.

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Ma ritorniamo alla domanda, perchè sono femmina il Caos e la stessa Grazia. La tradizione Alchemica ribadisce che nulla puoi senza il Mercurio pur se lo stesso non “entra” nella costruzione della Pietra. Sappiamo che il Mercurio è femmina e se la Materia Prima è quello stesso Mercurio/Caos che poi diverrà filosofale, ma non è la Pietra, allora la Pietra è il soggetto dell’opera, non il suo prodotto, il Cavaliere. Cosa accade dunque all’Alchimista/Cavaliere, si trasforma egli stesso??

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Un esempio interessante e calzante è quello dell’Artista o dell’Architetto (non a caso le cattedrali gotiche sono dei veri testi in pietra ideati dagli stessi). L’Architetto, l’Artista opera sulla Materia Prima, che in senso concreto può essere tutto ciò di cui abbisogna, dalla calce ai mattoni, finanche ai fogli di carta su cui svilupperà il suo disegno, o ad esempio all’argilla di una statua o le sue stesse idee, cercando di costruire ora un edificio armonioso, utile e ben inquadrato nell’ambiente in cui va ad inserirsi o un opera d’arte di indubbia armonia. Al termine della sua Opera comunque si vedrà alla luce qualcosa di totalmente diverso, utile, necessario, significativo e/o visibilmente armonioso, frutto della perfetta sintonia tra le sue parti, ben diverso dalla materia “caotica” presente in origine. E’ questa la Pietra Filosofale?? No questa è la fanciulla del quadro, la Grazia delle sue parti, l’Opera ma anche l’Anima proiettata dell’Artista nella sua stessa Opera, il riflesso del suo agire. La Pietra è dunque il Cavaliere, il suo mutamento ottenuto attraverso il suo agire, il costruire quell’Opera che mentre viene fuori “modella” il suo stesso autore. Athena rappresenta il riflesso di quest’azione perfetta, vincente, figlia di quell’armonia (Venere?) che la determina ed è insito nella stessa Natura, il mercurio reso filosofale.  Allora il caos è femmina come l’ordine e la grazia in quanto materia prima, strumento, contesto dell’azione, nonché il riflesso del suo agire (il suo stesso significato), agire che naturalmente è maschile. E quando l’Azione è perfetta, l’Agens ( il maschile) attraverso il suo Patients (il femminile) ha reso se stesso quella Pietra filosofale, che è strumento di redenzione del mondo stesso.

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Per avvalorare la tesi invertiamo gli “addendi”, utilizziamo la proprietà commutativa. Nella cultura orientale abbiamo un’inversione di questi significati, ad esempio il Drago è maschile, associato alla luce, allo Yang ma pur associato all’acqua, elemento femminile per eccellenza, questo perché mentre nel mondo occidentale si ha il primato dell’azione sul pensiero, in quell’orientale accade il contrario. Se l’uomo è ordinatore, la sua azione è attiva, quindi maschile, coagulante e agisce sul mondo, l’ambiente, la materia, che è invece di natura femminile, dissolvente. Nel mondo orientale cambia solo la polarità del verso per cui è l’ambiente, il Drago ad agire sull’uomo. Ne deriva che l’uomo è agito dall’ordine quando riesce a “sintonizzarsi” con esso (primato del pensiero sull’azione, della meditazione consapevole, dell’attenzione sull’impulso). Traslato in ambito psicologico questo determina nel mondo occidentale il rafforzamento della Coscienza nei confronti dell’Inconscio (che ben rappresenta il nostro Drago del Caos, il femminile ed il mare magnum delle tenebre) dove nel mondo Orientale al contrario un Ego poco definito e poco volitivo (apparentemente) trova senso e forza in un ordine che lo sovrasta e lo determina e di cui si sente appendice (il maschile?). Che poi ciò abbia determinato nel mondo Occidentale il progresso scientifico e tecnologico che sappiamo, ma a spese spesso dello spirito/pensiero e attraverso la violenza sulla Natura stessa, dove il progresso spirituale del mondo Orientale ha avuto la meglio, ma senza quella concretezza e utilità del primo, questo è deducibile.

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L’alchimista dunque redime la Materia compiendo l’Opera ma è quest’ultima che alla fine redime lo stesso (Pietra Filosofale), l’operatore che (ri)trova la sua Anima attraverso la sua azione, che tra l’altro non può prescindere appunto da quel femminile (Caos-Grazia) da cui si separa per poi ricongiungersi, che sia la sua Opera, il suo Inconscio, la sua donna questo è relativo, perché è il processo che conta ed è questo che alfine lo rende filosofale (il nostro Cavaliere). (C.Ferraro)

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Immagini: Scudo di Atena con Medusa; San Giorgio e il drago di Paolo Uccello (1456); Cadmo uccide il drago di Hendrick Goltzius (1617); Drago cinese; Atena di Rembrandt (1655); Pallade Atena (Pallas Athene) di Gustav Klimt (1898) da notare l’immagine della Medusa sull’armatura a scaglie e una piccola Nike nella mano destra.

 

 

 

 

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L’apocalisse degli X-Men, dal sapore alchemico…

28 sabato Mag 2016

Posted by ferrarociro in Cinema e simboli, Home

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Apocalypse, caos, Fenice, X-Men

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L’ultimo film degli X-Men, diretto da Bryan Singer, pesca dalla tradizione Alchemica in maniera neanche troppo velata. Il primo Mutante della storia, En Sabah Nur, domina incontrastato per le sue capacità mutanti e regna circondato dai suoi luogotenenti, all’incirca nel 3500 a.c. nell’antico Egitto. Il Mutante è dotato di grandi poteri ed è venerato come un Dio e Faraone del suo popolo, ma necessita di sopravvivere alla decadenza del corpo attraverso la trasmigrazione della sua coscienza in un corpo giovane, proprio attraverso la “ricezione” della luce solare/spirito universale. Un meccanismo che sfrutta il vertice di una piramide dorata e che trasforma la luce in una “linfa d’oro” che sostiene e nutre la “trasformazione” del nuovo corpo. La Luce diventa Oro, l’Oro diventa Vita. Ma qualcosa va storto per l’alchemico Dio. Risvegliato ai giorni nostri (a dir il vero negli anni 80) vuole distruggere il nuovo mondo, dove superpotenze ed armi atomiche sono diventati i nuovi Dei. Saltiamo al finale dove l’unica forza capace di contrastare il potente Dio-mutante è l’x-men Fenice. Si rinnova lo scontro tra il Caos e la Nuova Vita, tra fine e principio, tra il Basilisco e l’Uccello di Fuoco. La Fenice ha la meglio, con tutta l’energia che può sprigionare. Alla sua morte il Mutante Egiziano pronuncia però le fatidiche parole “Tutto è rivelato” che ricorda nella nostra mente storica quel “Consummatum est, Tutto è compiuto” di ben altra fattura, pronunciato però dall’altra Forza in gioco, affine più al nostro Uccello di Fuoco. Con uno stupenda trama musicale, quella dell’Allegretto della Settima Sinfonia di Beethoven, che qualcuno ricorderà anche nel finale di “Zardoz” con Sean Connery…https://m.youtube.com/watch?v=q-iiDSG9yZY
La testa mangia la coda ed il ciclo si rinnova….

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Dialoghi ermetici VIII (della conoscenza del Caos)

16 martedì Feb 2016

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caos, Conoscenza, Drago, ossimoro

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“Ho viaggiato sulla spalla della morte, ho assaporato il Caos, l’ho visto spezzare le forze di volontà più inamovibili, l’ho visto annegare le convinzioni più salde. E spesso mi sono domandato…a che serve resistere? Perché lottare così strenuamente? Pensieri cupi che mi accompagnano sempre, una gelida logica, la più oscura matematica celestiale, un orribile morsa per cui esiste un sollievo soltanto, ricordare…Rimembrare com’era stare in mezzo a loro (gli umani) conoscere la loro paura, il loro dolore, la lotta alla base della loro resistenza, percepire il calore della gioia della vita, restare sgomenti innanzi alla bellezza, fissare l’oscurità…e scegliere la luce” (Dialogo interno di Silver Surfer, Infinity, Marvel Comics)

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A. Cos’è il Caos Maestro?
M. Non puoi definire l’indefinibile
A. Posso provare a capire cosa non è allora?
M. Prova
A. Non è la vita
M. Non è la vita, non come la conosciamo noi
A. Non è la luce
M. Non è la luce, non come la conosciamo noi
A. Non è l’ordine
M. Non è l’ordine, non come lo conosciamo noi
A. Non è il principio
M. Non è il principio, non come lo conosciamo noi
A. Non è il bene
M. Non è il bene, non come lo conosciamo noi
A. Allora posso dire che è morte, buio, disordine, fine e male come li conosciamo noi?
M. Puoi dirlo, ma puoi definire i limiti della tua conoscenza?
A. Non posso
M. Allora è il tuo limite a definire cosa è o non è il Caos.
Inoltre il tuo limite è anche separare, perché la conoscenza è separazione. Separi l’atomo, il bene dal male, il padre dalla madre ed è giusto che tu lo faccia se vuoi conoscere, questa è la vita. Ma se non puoi separare qualcosa allora non potrai conoscerla
A. Quindi non conoscerò mai il Caos?
M. No
A. Ma quello che non conosco posso immaginarlo?
M. Certo, immaginare non è separare ma è al contrario includere ed amplificare, inoltre non è conoscere ma al massimo com-prendere, prendere con se, ma se immagini non vedrai più queste categorie che hai citato…
A. Allora cosa vedrò, confusione?
M. Non sarà confuso ma sarà diverso, non sarà definito ma indefinibile….
A. Quindi non posso conoscere il Caos con la logica e le categorie?
M. Quelle possono essere uno strumento al servizio dell’immaginazione se saprai utilizzarle
A. Come possono essere da guida le parole per definire l’indefinito
M. Con la contraddizione, in alchimia si usava l’ossimoro….
A. Allora se immagino il Caos ed utilizzo aggettivi tra loro contraddittori posso provare a “comprenderlo”?
M. L’hai già fatto! (C.F.)

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“Dunque, per primo fu il Chaos, e poi
Gaia dall’ampio petto, sede sicura per sempre di tutti
gli immortali che tengono le vette dell’Olimpo nevoso,
e Tartaro nebbioso nei recessi della terra dalle ampie strade,
e poi Eros, il più bello fra gli dèi immortali,
che rompe le membra, e di tutti gli dèi e di tutti gli uomini
doma nel petto il cuore e il saggio consiglio” (Esiodo, Teogonia, 116-125. Traduzione di Graziano Arrighetti, in Esiodo Opere : 1998 Einaudi-Gallimard; 2007 Mondadori, p. 9)

“Il drago possiede la capacità di assumere molte forme, che sono però imper-scrutabili” (bestiario di Borges)
Immagini: Magnum Chaos, dalle tarsie del coro di Santa Maria Maggiore di Bergamo; la Stella a otto punte, simbolo del caos (e di Venere e dello stesso Lucifero);
il Drago (simbolo del Caos e della Materia Prima) del “Ripley scroll”, 1570 ca.

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La quercia cava, la Mater ed il vuoto del Caos

26 sabato Dic 2015

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caos, Mater, quercia cava, vuoto

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“Il frutto dell’albero della vita è la fontana di giovinezza dei vecchi alchimisti, cioè la fonte di acqua viva che scaturisce dalle radici della vecchia quercia (chēne) che quando è vecchia e cava è designata, in greco antico, saronis, prossimo a sarôn che indica il sesso della donna. Chêne, la cui radice è il greco chaino che significa aprirsi, essere spalancato e da cui si forma chaos, designa non solo l’idea del caos e le tenebre ma anche larga apertura ed abisso. Quando si sa che gli alchimisti chiamarono caos la loro materia, la loro Mater, si comprende meglio perchè il piccolo Gesù sia venuto al mondo in una caverna” (Canseliet. L’Alchimia. Simbolismo ermetico e pratica filosofale)

“Nel quinto foglio (del libro di Abraham) vi era un bel roseto in mezzo ad un bel giardino, appoggiato ad una quercia cava, ai cui piedi gorgogliava una Fontana di acqua bellissima, che andava a precipitarsi negli abissi…..” (N. Flamel. Figure Geroglifiche)

” ….trovai una piccola fontanella bella e chiara, tutta circondata da una bella pietra. E questa pietra era sopra un vecchio tronco cavo di quercia…” (il Libro del venerabile Dottore tedesco Messer Bernardo, conte della Marca Trevisana)

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E’ dunque il vuoto che determina le proprietà della materia, noi stessi siamo delle piccole fluttuazioni attorno al vuoto consueto?
Lo spazio vuoto non è affatto vuoto: appare tale solo perché la creazione e la distruzione incessante di particelle ed altre strane entità si verifica in esso su intervalli temporali brevissimi e tali comunque da non lasciare allo sperimentatore il tempo materiale per la loro rilevazione. Questa incredibile proprietà del vuoto scaturisce dalla combinazione della meccanica quantistica con la relatività di Einstein. Una conseguenza diretta della meccanica quantistica (o fisica dei quanti) è il principio di indeterminazione di Heisenberg il quale afferma che il mondo microscopico possiede un’incertezza di fondo: l’impossibilità di determinare con precisione assoluta i parametri fisici delle particelle di piccole dimensioni. Nel vuoto questa incertezza si manifesta sotto forma di piccole fluttuazioni energetiche che vanno e vengono senza sosta e che in parte si convertono in entità materiali. La teoria della relatività, attraverso la famosa equazione E=mc² (energia uguale massa per velocità della luce al quadrato), suggerisce infatti che l’energia possa trasformarsi in materia e viceversa. Per la precisione la materia si genera a partire dall’energia sotto forma di particella e antiparticella (ad esempio elettrone e positrone insieme) dalla vita brevissima: per tale motivo esse vengono chiamate “virtuali”. Le particelle virtuali quanto più sono grandi tanto meno vivono, ma in quel breve lasso di tempo potrebbero anche diventare reali (cioè particelle effettive) se potessero disporre di una fonte di energia adeguata.

“La Materia Oscura. La sua esistenza è stata teorizzata all’inizio del secolo scorso, ma ancora oggi non è stata confermata definitivamente.Nell’ultimo secolo comunque gli scienziati hanno individuato diversi indizi della possibile presenza della materia oscura. Tra questi, il più recente (ma assolutamente ancora da confermare) è quello che arriva dalla Johns Hopkins University. Secondo i loro calcoli, la prova principe potrebbe nascondersi nelle rilevazioni del Ligo: le onde gravitazionali individuate per la prima volta lo scorso settembre potrebbero provenire infatti da due buchi neri primordiali, corpi celesti formatisi alla nascita del nostro universo, che potrebbero rappresentare proprio la tanto cercata materia oscura” (fonte La Repubblica)

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All’inizio del 2016 è stato inaugurato un nuovo rivelatore nel laboratorio dell’Infn sotto al Gran Sasso (Xenon1T). Nel 2017 accenderà i suoi occhi un esperimento analogo in una miniera australiana, la Stawell Mine. “Come Infn, abbiamo in programma quello che può essere definito l’esperimento di frontiera. Si chiama DarkSide. Dark side è fatto per rivelare un urto tra una particella e un nucleo. Quello che noi cerchiamo di fare è di rivelare quello che fa il nucleo dopo l’urto, ovvero di identificare tracce indirette della presenza e dell’interazione della materia oscura. Alcune delle particelle ipotizzate sono le Wimps (Weakly Interactive Massive Particles, nda) o i neutralini, ma alla fine questo interessa poco: se la materia oscura è fatta di particelle ogni tanto un nucleo dovrà pur urtarlo” (Fernando Ferroni, presidente del INFN)

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(Materia ordinaria (la “nostra”) 4% + materia oscura (ignota) 21% = 25% (circa) dell’Universo. Tutto il resto è ancora più misterioso: è “energia oscura”)

Molti astronomi ritengono che la materia oscura – oggi solo teorizzata perché invisibile alla luce, ma in grado di esercitare una forza di gravità consistente sulla zona di Spazio circostante – costituisca circa l’80-85 per cento della materia dell’Universo.

“Recentemente il Nobel Luc Montagnier ha annunciato che i segnali elettromagnetici emessi da frammenti di Dna sospesi in acqua sono capaci di rigenerare gli stessi frammenti in un altro recipiente in cui siano presenti, disciolti in acqua, gli ingredienti chimici che formano il Dna. Questi segnali presentano una struttura frattale, armoniosa nel suo ripetersi in forme similari. Essi sembrano presentare una struttura musicale; esistono cioè “accordi tra le note” costituenti i segnali. Questa dinamica unificante deve misurarsi con una dinamica opposta, potenzialmente dissolvente, generata dagli urti tra i componenti del sistema. Ad alta temperatura gli urti sono così violenti da impedire alle fluttuazioni spontanee dei corpi di produrre una musica coerente complessiva. A bassa temperatura invece esiste la possibilità che le fluttuazioni quantistiche diano luogo a una fluttuazione collettiva unitaria dell’insieme dei componenti, che acquista perciò una sua, possiamo dire, forma espressiva, un suo linguaggio che esprime la funzione di quella struttura materiale data.
La visione del mondo forzosamente imprigionato nell’antinomia caso-necessità dovrà cedere di fronte alla visione del mondo fondata sull’armonia delle musiche interiori dei suoi componenti.” (da: “Quando il vuoto è pieno” di Emilio del Giudice e Giuseppe Vitiello)

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Il vuoto che contiene, come un grembo di una madre, il Caos che genera la vita e, tra le sue trame, l’armonia nascosta….

Immagine in alto di Alessandro Bulgarini

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